Studio Legale Lucchesi
 
  ARTICLES

General Information

Map

Clients' sectors

Articles

Specialized Services

Foreign Languages

Email

 

 

CESSIONE DI RAMO D'AZIENDA E CONTRATTI DI LICENZA DI SOFTWARE

Download

Nell’articolo precedente (“Outsourcing e Contratti di Licenza Software” - in Computer Business Review Italy, Giugno 2004, pag. 60) è stato analizzato il fenomeno dell’outsourcing informatico, vale a dire quella forma contrattuale atipica riconducibile all’appalto di servizi, attraverso la quale il settore informatico di un’azienda viene materialmente trasferito ad un terzo, che si obbliga a gestirlo dall’esterno per conto della cedente.

E’ stato altresì evidenziato come tale prassi nei fatti determini un doppio utilizzo dei programmi per elaboratore trasferiti (da parte del soggetto cessionario, come pure dell’azienda cedente, che rimane “collegata” al software ceduto continuandone a sfruttare le potenzialità), dando luogo ad una situazione di potenziale conflitto con il titolare dei diritti di sfruttamento.

Accade peraltro che certi utilizzatori di programmi per elaboratore pretendano di trasferire a terzi il software loro concesso in licenza (normalmente intrasferibile per contratto), attraverso il meccanismo normativo della cessione del ramo d’azienda.

La legge prevede infatti al riguardo che l’intera azienda (definita come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa e quindi inclusivo di locali, strutture, mezzi, macchinari, personale, contratti con i terzi ecc.) o un ramo di essa (ad esempio il settore informatico) possano essere ceduti ad un terzo. Per questa specifica ipotesi, l’art. 2558 del Codice Civile stabilisce che: “l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa, che non abbiano carattere personale”.

Si tratta di una disposizione di natura eccezionale – ovviamente dettata per agevolare tale tipo di operazioni - che attua un meccanismo di trasferimento automatico, ex lege, che non necessita di alcun preventivo consenso; e ciò in deroga alla regola generale secondo cui un contratto (o meglio gli obblighi e i diritti che ne derivano) possono essere trasferiti a terzi soltanto con il consenso del contraente ceduto (art. 1406 C.C.), cioè del soggetto passivo della cessione, che si ritroverà ad avere una nuova controparte contrattuale.

L’effetto del trasferimento automatico dei contratti inerenti all’azienda ceduta è tuttavia escluso per i contratti che abbiano “carattere personale”, tali dovendosi intendere, ai fini che qui interessano, quelli muniti di una clausola di incedibilità.
Questa clausola dovrà però contenere, non già un generico divieto di cessione del contratto, ma prevederne l’incedibilità, anche per l’ipotesi specifica di cessione di ramo d’azienda: nel primo caso, infatti, la clausola di incedibilità si risolverebbe in un’inutile ripetizione della regola generale di legge (art. 1406 C.C.) e sarebbe pertanto superata dalla disposizione eccezionale dettata dall’art. 2558 C.C. sopra richiamato.

Tornando quindi alle problematiche connesse al contratto di licenza di software, può senz’altro affermarsi che, ove detto contratto sia munito di una clausola che ne vieti il trasferimento a terzi anche nella specifica ipotesi di cessione di ramo d’azienda, esso dovrà essere considerato come avente “carattere personale” e non sarà quindi soggetto al trasferimento automatico previsto dalla legge.

Ove per contro il contratto non contenga alcun divieto di trasferimento per l’ipotesi specifica di cessione di ramo d’azienda, ma soltanto una clausola di generica incedibilità, vi è il fondato rischio per il titolare dei diritti di sfruttamento del software licenziato che - indipendentemente dal suo consenso - venga riconosciuto legittimo il trasferimento del contratto in questione nell’ambito di un’operazione di cessione di ramo d’azienda.

In ogni caso, pur in assenza di una specifica clausola di incedibilità (nel senso sopra evidenziato), il titolare del software potrà sempre tentare di opporsi al trasferimento ex lege del contratto di licenza (e con esso del software), dimostrandone, per altra via, il “carattere personale”: risultato che potrà essere raggiunto ponendo in opportuna evidenza tutte le limitazioni all’utilizzo che, di norma, caratterizzano un contratto di licenza software (divieti di cessione del software a terzi, obbligo di utilizzo del software su un determinato elaboratore indicato o appartenente ad una determinata classe hardware, ovvero nei limiti di una determinata potenza elaborativa ed unitamente ad un particolare sistema operativo, ecc.). Il tutto con l’obiettivo di fornire la prova, in sede di interpretazione contrattuale, dell’esistenza di un divieto preventivo ed assoluto in capo all’utilizzatore di porre il software, in qualsiasi forma, a disposizione di terzi, ricomprendendo così anche l’ipotesi di cessione d’azienda, o ramo di essa.

A tale fine, potrà anche essere utile soffermarsi sulla natura del contratto di licenza di software, e sugli interessi in esso coinvolti per porre in luce come l’interesse primario ed imprescindibile della società concedente e, come tale, permeante l’intera struttura contrattuale, sia proprio quello di evitare non solo la libera circolazione dei programmi, ma anche ogni ipotesi, contrattuale, legale, o di fatto, in cui si verifichi una sostituzione nella persona dell’utilizzatore non preventivamente autorizzata. E ciò, proprio in considerazione dei notevolissimi sforzi ed investimenti che stanno a monte di ciascun prodotto messo a punto e che sarebbero posti nel nulla, ove tali prodotti potessero essere liberamente trasferiti.

Sia ben chiaro infine che, anche nell’ipotesi in cui venga riconosciuta la legittimità del trasferimento ex lege del contratto di licenza, il titolare dei programmi potrà sempre opporsi ad un utilizzo dei medesimi da parte di un soggetto diverso dal cessionario.

Non è infrequente, infatti, che dopo il trasferimento, il soggetto cessionario utilizzi il software così ottenuto per fornire servizi di carattere informatico proprio al soggetto cedente che di tale software si è spogliato: tenti cioè di dare vita ad un outsourcing informatico dietro, per così dire, le apparenze della cessione di ramo d’azienda.
Si tratta di una prassi certamente non legittima.

Subentrare in un contratto significa infatti assumersene tutti i diritti e gli obblighi: tra questi ultimi, a carico del cessionario, vi è normalmente quello di utilizzare i programmi solo per proprio uso interno e con divieto di trasferirli a terzi; e tra detti terzi andrà senz’altro annoverato il cedente, che si è appunto spogliato degli obblighi e diritti derivanti dal contratto.

Al più quindi, il cessionario potrà utilizzare il software solo per proprio uso interno, e con diretta assunzione di responsabilità in ordine ad eventuali violazioni contrattuali.

Avv. Federico Lucchesi

  Studio Legale dell'Avv. Federico Lucchesi - V.le Vittorio Veneto, 22 - Milano